02 giugno 2009

Carlo Parlanti, l'ultimo brindisi?

Carlo Parlanti 1996“L'ultimo brindisi?” è il racconto breve con il quale ho partecipato al concorso letterario di Villa Petriolo, un'azienda vinicola fiorentina che ormai da due anni propone questa iniziativa. Per conoscere i vincitori vi rimando al blog di Villa Petriolo, il giorno delle premiazioni sarà il 25 Giugno presso la stessa azienda.
Le storie narrate sono ovviamente tutte legate al vino e nel mio caso ho approfittato per scrivere un breve testo che incuriosisse i lettori su una vicenda molto controversa e drammatica riguardante Carlo Parlanti, vicenda nella quale il vino è uno dei diversi elementi che denotano come il processo abbia avuto un verdetto quantomeno anomalo.
Una storia vera forse un po' al di fuori del concorso per la sua atmosfera tutt'altro che idilliaca, l'idea di fondo è stata più che altro quella di offrire la possibilità di approfondire la storia a quanta più gente possibile ed eventualmente aiutare in qualche modo Katia Anedda, la fidanzata di Carlo che si sta battendo per arrivare ad una revisione del processo. Per ogni ulteriore informazione potete andare sul sito di Carlo Parlanti, dove trovate perizie, atti del processo, ricostruzioni e tutti i modi attraverso i quali potete dare il vostro supporto a Katia, donazioni, articoli, segnalazioni, passaparola su Internet con Facebook e gli altri Social Network, ecc...

L'ultimo brindisi?

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Aspettando l’ultimo brindisi.
Lei con il suo amore diventato ossessione, il nostro rapporto sbilanciato, distorto, ognuno dimostra i sentimenti a proprio modo, dopo l'amore platonico e quello reale, c'è quello patologico che può portare a conseguenze inattese, quasi sempre drammatiche.
Avremmo dovuto essere entrambi morti secondo quanto raccontato durante il processo, lei a forza di botte, io di vino nel corpo, poco importa se le due situazioni siano a rigore di perizia esse stesse in contraddizione, ma a distanza di anni siamo vivi e vegeti, non mi sono arreso, lei forse si è rifatta una vita, io sto male, la mia salute vacilla, dopo aver immaginato sette anni in Tibet ne finirò nove qui, ad osservare il cielo di cemento con i peggiori compagni di viaggio, quelli da riabilitare.
Passare la notte nella prigione californiana di Avenal è quasi come dormire in una palestra adibita a dormitorio dopo un terremoto che ha steso la metà delle case: il problema è che oltre il bagno non si può andare, non si può uscire. Stiamo tutti stipati su piccoli letti a castello a condividere i nostri peccati, i vizi (per lo più droghe, alcol, sigarette e psicofarmaci) o addirittura le virtù nel migliore dei casi. L'ultima conta è alle dieci e mezza di sera, a mezzanotte si spengono le luci.
Le guardie hanno il manganello facile e lasciano che i detenuti si sfoghino e facciano a botte tra di loro per intervenire solo successivamente: bisogna stare sempre in allenamento fisico e mentale altrimenti prima o poi qualcuno ti aggiusta le ossa secondo i suoi gusti e le cure che spesso poi prescrivono i medici non sono quelle indicate dai protocolli del cosiddetto mondo civile. Io ne so qualcosa.
La giustizia passa sulla mia pelle, vivrò anche per riaprire il caso, per levare dal volto di chi ha conosciuto la mia vicenda l'espressione d'incredulità alla quale spesso mi trovo di fronte: bocche aperte ed occhi spalancati sottotitolate da frasi quali Com'è possibile? Veramente è andata così? E le prove dove sono?
Silenzio, “l'imputato si alzi in piedi, la giuria ha emesso il suo verdetto,” ancora silenzio, la tensione cresce, è la svolta finale, l'avvocato Bamieh pensa impossibile perdere questa causa, silenzio, attimi lunghissimi, colpo di scena, colpo al cuore, colpa alla vita, è colpa dell'imputato,“L'imputato è colpevole”, le certezze vanno in frantumi, “Bamieh abbiamo perso la causa!”
Mentre si cade il mondo e la gente che lo popola si fa sempre più distante e sfuocata, i suoni confusi, fino al silenzio, sono ancora prigioniero del silenzio.
Quando si parla di giustizia bisogna andarci cauti, io del resto l'ho già conosciuta e questo Rebecca lo sapeva, tutti sanno che gli errori giudiziari sono sempre esistiti da che esistono i processi, la giustizia è amministrata dagli uomini e gli uomini in quanto tali commettono errori, a volte in buona fede, gli stessi che posso aver commesso io nella mia vita ma che mai avrei pensato mi avrebbero potuto portare fino a questo punto, ma a volte si commettono errori anche in malafede per coprirne altri che si potrebbero pagare in prima persona.
Fortunatamente dopo aver varcato la soglia del carcere di Avenal a morire è stata solo una parte di me, importante è vero, ma ci sono ancora, un po' piegato e malconcio, e non sono del tutto emarginato dal mondo, fuori c'è Katia, la donna alla quale sono riuscito a dire con l'anima ti amo e che sta passando parte della sua vita per difendere la mia dignità, la mia salute, e tentare di rivedere il processo, ma come spesso capita amore e volontà non bastano, servono i soldi e purtroppo non ce ne sono mai abbastanza.
Tutto questo per due sole bottiglie di Chardonnay da 2 litri ciascuna che avrei bevuto in poche ore prima che la spirale giudiziaria si avvolgesse intorno al mio corpo e mi stritolasse come un boa con la sua preda, il fiato si fa corto “Bamieh abbiamo perso la causa!”
Ho sempre considerato il vino un buon modo per rendere spensierata e leggera la vita, per aggiustare il punto di vista sulla vita ogni tanto, per brindare e condividere con le persone un po' di allegria, per riavvicinarmi alla terra, niente di più, nessuna apologia dell'alcol, in fondo mi sono sempre occupato d'informatica facendo sport in palestra nei ritagli di tempo, non sono una rockstar, non conosco Tyson, Bjork o Naomi Campbell, non sono interessante quanto loro, ma la mia storia... peccato solo sia reale, non sono Andy Dufresne, io mi chiamo Carlo, dietro di me non c'è uno scrittore, ma solo la mia vita.

Scusi un attimo, ha detto 4 litri di vino in meno di 5 ore?!
Di Chardonnay?
La cui gradazione media è di 12,5?
Ma lei è un fenomeno! E' immortale! Non ha un fegato, ha un depuratore industriale!


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Dall'alto della sua esperienza nel settore Carlo era riuscito a diventare insegnante d'informatica del carcere, uno dei pochi insegnanti degli ottomila detenuti che affollavano la prigione, di cui quasi la metà avrebbe dovuto essere altrove per motivi di spazio, costruiremo nuove carceri, ripetevano i politici mandato dopo mandato.
I flash si susseguivano, le testimonianze di Rebecca in aula e la documentazione sembravano non coincidere mai, in un turbine di parole, frasi e situazioni attraverso le quali la confusione prendeva il sopravvento; per questi motivi Bamieh, l'avvocato di Carlo ripeteva che le prove si smentivano da sole, le ricostruzioni altalenanti della signora White non erano attendibili. Insomma l’assistito era in una botte di ferro, alla fine del processo si rivelò di carta pesta, prese fuoco insieme alla libertà di Carlo.

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Davanti al computer muoveva la testa sconfortato, non riusciva a risolvere un problema al software a cui stava lavorando. Per alleggerire un po' il senso di oppressione prese una bottiglia di vino dal frigo ed iniziò a berla in quel caldo pomeriggio di fine giugno, il 29 per la precisione, anzi no, ritrattazione in aula, era il 6 Luglio, no, l'agenda di Carlo venne in aiuto di Rebecca White, nuova ritrattazione, era il 7 luglio quando davanti al computer iniziò a bere la sua prima bottiglia da due litri di Chardonnay, il sapore intenso allietava almeno in parte la sua permanenza al computer. 
Rebecca, la donna con cui conviveva rientrò in casa alle cinque, forse le sei, il loro amore sembrava tutt'altro che intenso, sebbene lei diceva di amarlo scrivendolo anche nelle email negli ultimi tempi avevano smesso di dormire insieme, Carlo ormai non provava nulla e aveva detto più volte che stava pensando di andarsene, approfittando delle buone prospettive professionali, la sua idea era quella di potersi ristabilire in Europa.
Beveva, la prima bottiglia era finita, il dio Bacco sorrideva compiaciuto, Carlo non era ubriaco, due litri di vino da 12° bevuti il pomeriggio sono una passeggiata per chiunque, chiese a Rebecca di andarne a prendere un'altra al supermercato e poco dopo era già di ritorno con la seconda, non si trattava evidentemente di degustazione, la stappò e continuò a bere, altri 2 litri, era ancora in piedi? Certo!
Richiamò Rebecca, l'aria si riempì di tensione:
"Sai Rebecca, forse è meglio per entrambi non vivere più sotto lo stesso tetto, dovresti andartene..."
"Andarmene?"
"Sì, non si può andare avanti così"
Quasi aspettasse di sentirgli dire quelle parole: "E' questo quello che vuoi!"
"Sì, mi dispiace, ma è ciò voglio."
"Come preferisci allora, non mi vedrai mai più!"
Dopo il breve scambio di battute Rebecca era in camera da letto a preparare le valigie, stava per uscire, all'improvviso Carlo si avventò su di lei: "Dove vai!".
La violenza esplose, prese la testa di Rebecca e la iniziò a sbattere contro la parete, uno, due, tre, trenta volte - la polizia, nessun segno sulle pareti - ora in camera da letto, urla strazianti - nessuno sente, l'appartamento ha muri così sottili che si sentono le chiacchiere dei vicini - nuove percosse e botte - il medico, nessun segno che possa far pensare alla violenza di cui sarebbe stata vittima Rebecca - sanguinava copiosamente sul letto - la polizia, nessuna traccia di sangue su coperte e materasso - Rebecca a pancia in giù veniva posseduta, stupri ripetuti - forse consenzienti diceva lei. Lasciata legata per due giorni, forse no. E' tutto scritto nei diari, i diari? Scritti durante gli stupri, durante gli stupri?
Passa un mese, Rebecca denuncia, passano alcuni mesi, Carlo è in Germania per un nuovo lavoro, viene arrestato, non sa perché, dopo diversi giorni viene estradato. Goodbye Freedom, Welcome California.

Interruzione pubblicitaria. Un buon Chardonney può cambiare il gusto di una giornata, a volte una vita intera.

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