28 settembre 2005

Intervista con l'impiccato

Un giornalista inglese di nome David T. invitò a bere un caffé Mouslin I., un falegname di un poverissimo paese le cui sbiadite sorti non erano differenti da tutti gli altri centri abitati o sopravvissuti dei territori vicini. Lo sguardo di Mouslin rivelava un certo imbarazzo dovuto probabilmente alla rarità di quell'evento, era insolito che a qualcuno potesse interessare le parole di un uomo così misero, disgraziato, era insolito che un uomo così diverso venisse da un mondo lontano per chiedergli chissà che.
Ma ben presto David si accorse che l'imbarazzo era scomparso dopo qualche scambio di occhiate, Mouslin s'immerse nel racconto della sua vita senza che gli si dovesse porgere alcuna domanda.
“Io vivo qui ma sono morto tanto tempo fa, il mio cuore è morto, i miei amici, i miei parenti, i miei cari vivono qui proprio come me, per nostra sfortuna siamo nati qui, invece che altrove. Siamo uomini senza speranza, senza sicurezza, un giorno si mangia e si beve e l'altro no; ho visto morire davanti ai miei occhi mio figlio Ahmad, 7 anni, il suo terrore, il colpo di pistola attraversagli il petto; i bambini a volte vanno a giocare e non tornano più, saltano in aria su mine antiuomo, vengono rapiti, ma come si fa a negare a un bambino la gioia di giocare? Le nostre case sono delle catapecchie, è quasi impossibile trovare acqua potabile, il nostro lavoro è cercare di sopravvivere, noi siamo le vittime di un regime militare, di lotte continue di potere, non abbiamo libertà tanto che credere a quello che ci viene impresso con la forza sembra l'unica via di salvezza per riuscire ad accettare la nostra esistenza. La ribellione e il coraggio di opporsi sono sinonimi di morte, noi non abbiamo più uomini che ci possono rappresentare e difendere perché sono stati tutti uccisi. C'è un motivo per cui continuo a vivere, perché ai nostri figli non sia negata la speranza di condurre una vita decente ed umana, quella che non abbiamo noi adulti. Io sono riuscito a leggere molti libri e guardare anche la televisione, anche se ci è stato proibito, ho messo molte volte in pericolo la mia vita e quella della mia famiglia; purtroppo mi sono accorto che è impossibile fare una ribellione razionale, perché anche tra di noi c’è chi difende il regime, chi difende clan locali, ci sono infiltrati, spie. E’ l’inferno. Leggendo libri di filosofia, di arte, alcuni tra i figli della vostra cultura, provo come un senso di vuoto, mi sembrano cose scritte da alieni, mi è impossibile pensare che l’uomo cerchi di dare una spiegazione razionale dell’esistenza di Dio, noi ci crediamo e basta, non ci abbiamo mai riflettuto come del resto a quasi tutto quello che facciamo; è questa la fondamentale differenza; quando potremo avere la possibilità di occuparci di cose che al momento consideriamo inutili? In Occidente avete il problema della bulimia, magari potessimo permettercelo noi! Siamo completamente abbandonati al destino” e concluse, “spero che un giorno verrà a trovare e a parlare con un mio figlio o un mio nipote consegnandogli questa intervista, magari dopo il crollo del regime, dopo la fine del conflitto; la nostra dignità ed identità non andrà mai persa, di questo ne sono sicuro”.
Si fermò, voleva piangere ma non cedette, era stanco di versare lacrime, fece cenno a David mentre tentava di fare una domanda che l'intervista era finita e che non avrebbe aggiunto nient'altro. I due si diedero prima una stretta di mano formale ma dopo qualche secondo David non riuscendo a trattenersi si avvicinò a quell'anziano e barbuto signore e lo abbracciò, con forza, sentiva di provare compassione, pietà ma anche ammirazione e affetto. Mouslin aveva una personalità molto attrattiva, un'eleganza ed un orgoglio che facevano a pugni con la sua tremenda vita di miseria, riusciva a calamitare sempre l'attenzione delle persone che provavano ad ascoltarlo.
David pubblicò l’intervista o più precisamente la nuda e cruda descrizione di un dramma quotidiano; dopo un mese Mouslin fu impiccato in piazza con sentenza di un tribunale che lo giudicò in pochi minuti come un cattivo esempio che avrebbe spinto il popolo ad organizzarsi ed il popolo non può e non deve farlo perché c'è già chi comanda e lo dirige in ogni suo aspetto della vita quotidiana. Mouslin non è il solo e non sarà il solo a morire per aver cercato la libertà.
David non fu capace di perdonarsi in vita sua la pubblicazione di quell'intervista.

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